Cicladi, agosto 2002, 17 anni fa, bella, magra, una 4° soda stretta dentro una canotta bianca, shorts di jeans su gambe magre tornite da ore e ore di aerobica, ignara dell’avvenire, senza aspettative, ne sulla vacanza, ne tantomeno sulla compagnia; in uno zaino solo la spensieratezza, la curiosità e la leggerezza di una vent’enne. Chi l’avrebbe mai detto che quello zaino in 17 anni, si sarebbe riempito di puro amore. Un amore sincero, pulito, pazzesco, potente al punto tale da generare tre splendide creature. I ricordi di quelle settimane dell’estate 02 sono frammenti di foto scattate nella memoria: lui che legge, io che rido, lui che timona, io che mi tuffo, il profumo dell’estate, le chiacchiere la sera, le chiacchiere di QUELLA sera, lui che parlava di stelle, io che aspettavo quella cadente, lui che non si sbilanciava, io che avevo espresso un desiderio. C’è voluto del tempo, non troppo per fortuna e il desiderio si è avverato, IO, LUI, NOI, INSIEME, SEMPRE . Difficile non innamorarsi d’estate, la pelle dorata, i sorrisi luminosi, gli occhi che brillano, i tramonti, il sole, il mare…e non è stato difficile nemmeno continuare ad innamorarsi ogni giorno, da 17 anni a questa parte, senza costume, palliducci, con i capelli bianchi che prendono il posto di quelli mori, le rughe qua e là e la 4°alle ginocchia. Ecco quell’estate mi ero innamorata, non dell’amore come spesso capita nei mesi caldi, mi ero innamorata per davvero! Tornare in questi posti è un viaggio nel passato, un tuffo nei ricordi, più di emozioni che di luoghi, è un po’ rimettere in spalla quello zaino, arricchito di esperienze, maturità, consapevolezze e soprattutto tornate tenendo per mano i miei bambini. Incorniciare le vacanze con questi paesaggi, con questi profumi e con questo vento caldo, con questo mare che non annoia mai, accelera il processo dell’innamoramento, ci si innamora dei posti speciali, come del resto lo si fa con le persone.
A Folegandros ci siamo arrivati dopo una bella veleggiata partendo da Milos, dove abbiamo fatto una sosta per una notte. Anche se c’eravamo già stati, Milos è un’isola di cui non ti stanchi mai, è stata solo una breve tappa, ma regala sempre scenari fantastici.
A Folegandros avremmo voluto trovare un posto un po’ riparato nell’ansa del porto, ma siamo ingombranti e con la nostra catena avremmo intralciato le manovre dell’aliscafo, così ci siamo messi nella piccola baia poco prima del porticciolo, sotto alla chiesina bianca che ancora non mi capacito di come abbiano fatto a costruirla visto che si erge sopra uno scoglio alto e ripido…. mha.
La prima sera siamo scesi a terra per capire se c’era la possibilità di raggiungere la Chora con qualche mezzo. La seconda sera siamo scesi a terra per prendere il pullman che ci ha portati in centro al paese. Uno sforzo mentale ad ogni curva, in ogni viuzza, dentro ogni piazzetta, nell’aspettare che qualche ricordo affiorasse, ma niente solo quella sensazione di leggerezza e di vacanza nell’aria. Il paesino è davvero una chicca. Il turismo ancora non è così violento e aggressivo come alte isole, i tavolini anche se rinnovati e riverniciati, hanno ancora il profumo di genuino. Qui c’è un turismo lento, tranquillo, di gente adulta (40 anni), che ha voglia di godersi del buon vino e una fetta di formaggio locale, a qualsiasi ora del giorno, senza fretta e dimenticandosi l’orologio.
La Chora è un intreccio di vie che si abbracciano in piccole piazze basse e intime.La prima, quella più importante, quella con l’ufficio del console italiano, ha una vista mozzafiato sull’arcipelago, un muretto a precipizio sul mare che da le vertigini solo ad avvicinarsi, giusto il tempo per rubare una foto al sole e poi viaaaaa….
Seguiamo la scritta “Kastro” a tempera su un pezzo di legno vecchio e passando sotto un arco facciamo un tuffo indietro nel tempo, a quando quelle scalette erano scese dai contadini che andavano nei campi, o dalle donnine curve che andavano in piazza a pozzo. Ci immaginiamo bambini che giocano a nascondino in questo labirinto bianco, siamo estasi al punto tale che ci perdiamo Mimmo!!!! In tempo zero ci dividiamo, Iago si fionda verso la piazza del precipizio, Nina entra in un negozio, Ste corre avanti per la strada, io lo chiamo e lo richiamo facendo girare la testa come un gufo. Trovato! Stefano lo ha trovato seguendo il suo pianto disperato, ci ritroviamo con i suoi occhioni blu in lacrime e proseguiamo alla ricerca di una taverna che proponga la specialità dell’isola “la mazzata”, tagliatelle accompagnate con carne o verdure.
Io e Nina ci allontaniamo da resto della famiglia per fare ancora una foto al tramonto, l’ultima, forse, ci spingiamo fino a dove finisce il paese, dove le case ristrutturate sono finite, dove ci sono i muretti a secco, dove da dietro una porta zanzariera improvvisata, si intravede la nonnina vestita di vecchio che su uno sgabellino di legno stende a mano la pasta per le “tagliatelle”appoggiata a un tagliere grande e usurato. Poesia.
Una persiana scrostata, le latte del formaggio come portafiori, degli zoccoli vissuti, il bagno in un casottino fuori dall’abitazione. Io mi inebrio di passato e cerco di trasmettere questa sensazione anche a Nina. Cerco di farle cogliere ogni dettaglio del tempo che non torna, le dico di fare tesoro di quella immagine della vecchina che stende la pasta, perché sono queste le ricchezze che si incollano nei ricordi di un viaggio, negli anni che passano e nel tempo che senza sosta avanza e fa perdere le tradizioni sostituendole con una sterile tecnologia. Assaggiamo il famigerato piatto tipico, che prende il nome, ci spiega il cameriere, dal utensile che viene impiegato per fare questa pasta, la “mazzata”=mattarello. Buone, peccato che noi italiani abbiamo le tagliatelle al ragù emiliane a cui nulla può competere!
Ritorniamo col pullman al porto dove ci aspetta il tender che nel buio della notte ci riporta a casa. Stelle, ancora stelle e ancora stelle, ancora col naso all’insù, ancora desideri, ancora coccole con i bimbi che si addormentano tra le scie di un astro che cade e dei sogni in attesa di realizzarsi, guardiamo verso est dove si vedono la luci della notte di Santorini che in alto al cratere sembrano una corona infuocata.
Comunque non ci siamo fatti mancare un mega bagno in una delle bellissime spiagge!