…si, lo so, il blog estivo è fermo ad agosto, dovrei concluderlo, ma mi manca il tempo…il tempo, questo maledetto termine: tempo!
Una parola astratta ma che ti tocca in continuazione, ogni giorno, ogni istante, in ogni centesimo di secondo lui è li che ti tamburella sulla spalla, senza tregua ti sottolinea che lui passa, va avanti, non ti aspetta. Scorre come un fiume, a volte ti culla dolcemente e ti fa vivere momenti come eterni, a volte ti travolge, ti risucchia come una cascata impetuosa che ti stordisce non ti fa capire più chi sei e dove sei. Il calendario, suo amico del cuore, ti sbatte in faccia che è passato un altro mese, un’altra estate, un altro anno, uno in meno e tu cerchi di fermarlo, fai time out con le mani, provi a vivere sto cazzo di qui e ora, ma non riesci, arduo, difficile, impossibile; provi a goderti le piccole cose, ma tu ne vuoi fare grandi di cose, però hai bisogno di tempo per farle bene, ma lui passa inesorabile, lo senti vibrare sotto alle chiappe, ma poi ti passa sopra come uno schiacciasassi. A volte è come un presenza che ti aleggia alle spalle; il tempo ti fa percepire la sua strafottenza mentre ti contorci dai mille impegni che ti portano a fine giornata, lui ti osserva, ti sorride, con quel ghigno da bastardo, come per sottolinearti: “un giorno in meno e tu sei ancora li”. Ti muovi come la pallina di un flipper tra i tuoi disegnetti, la tua pasta da scolare, i tuoi bianchi da stendere e dei figli da muovere come la regina negli scacchi e finisce che ti addormenti sempre con quel tarlo: un giorno in meno… Questa frase che echeggia nei pensieri dell’insonnia che ti accompagna, da tempo, troppo tempo!
Poi arriva di nuovo l’autunno, il cambio di stagione, dallo scatolone tiri fuori dei pantaloni di Iago, tg 3 anni, adesso vanno bene a Timo, ma come è possibile? fino a ieri li metteva il grande e adesso stanno a pennello all’ultimo arrivato, sono pure passati di moda. Mi ricordo ancora quando li ho comprati in quel centro commerciale, lui seduto con i piedini a penzoloni nel carrello che mi guardava con gli occhioni da cerbiatto “Belli mamy!!” Cosa è successo da quando Iago metteva quei pantaloni ad oggi? Cosa abbiamo fatto? Come abbiamo vissuto questo nostro tempo?
In effetti non è che ci siamo proprio arenati, sono arrivati altri due figli, due traslochi, due barche, ma la sostanza? Ho la percezione che comunque tutto questo non sia abbastanza, inizio a diventare insofferente; saranno i 40 freschi freschi, saranno le rughette che creano nuove ombre sul mio viso, sarà che non ci sono più le mezze stagioni o come sempre, si arriva alla conclusione che: saranno gli ormoni. No, qui non si tratta di ormoni, qui si parla di tempo che passa, vola! E quello che per ora hai aggiunto alla lista “to do” non basta, vuoi di più per te, per loro!
…e così passi del tempo in barca e capisci che forse quello è il mezzo per trasformare il sorrisetto infingardo del tempo in un sorriso di approvazione, un’occhio strizzato di conferma, un “ok ora ci siamo”, hai la soluzione adesso trova il tempo per gestirla al meglio, -Io vado avanti ora sei tu che ti devi muovere!!- beffeggia lo stronzo.
Poi gli eventi della vita, le casualità, le coincidenze, chi lo sa…so solo che è bastato un incontro, anzi due e qualcosa è successo.
Anni fa in una fredda sera d’inverno Stefano mi trascina alla lega navale di Milano, una coppia presentava il libro delle loro avventure per mare. Nulla di che, non era la prima volta che partecipavamo a questi incontri. Lui, il capitano, mi stava simpatico il giusto, lei la sentivo più affine a me, sarà che era donna, sarà che come me non nasceva velista e che per amore si è ritrovata su una casa galleggiante, sarà che dietro ad un grande uomo ci sta sempre una grande donna, sta di fatto che lei mi piaceva. Usciamo dall’incontro e Stefano aveva stampato in faccia lo sguardo perso nel vuoto del sognatore, io quello rassegnato da “figata, ma noi non lo faremo mai”. Per anni l’irrequietezza di Stefano dal “voler partire” mi metteva a disagio, mi spiazzava, io avevo altro in mente per il mio futuro. Durante certi discorsi io mi imbarazzavo, stavo zitta, ascoltavo i suoi progetti ma non accennavo mai ai miei. Ogni tanto mi venivano dubbi su di noi, pensavo: “prima o poi mi lascerà” e non ho mai avuto il coraggio di dirgli che io in realtà volevo una bella casa grande, divertirmi ad arredarla, un orto, una cucina grande e un via vai di amici che la animano, volevo prendere un’altra strada lavorativa, fare altro….insomma non in giro per mare, dormendo in 60 cm con le lenzuola umide di salsedine, un armadio grande come un trolley e un piano cottura a due fuochi!
Poi a volte però ti accorgi che il tempo non è proprio così un bastardo, a volte, si dice essere medico, a volte che porti consiglio, a volte, nel mio caso, che fa sedimentare le cose. Di anni, da quella sera alla Lega ne sono passati tanti e di pensieri nella mia testa ne sono frullati parecchi, anche se in Stefano era sempre e solo uno: partire!
In questi anni, i lunghi mesi estivi a bordo mi hanno fatto assaporare una tipologia di vita diversa, è cresciuto il bisogno di stare tra le braccia di Madre Natura, si è impennata la voglia di conoscere, vedere, viaggiare. Piano piano ho iniziato ad aprire la porta al pensiero di vivere in barca per un anno. Ho iniziato a sentirmi più vicina a Ste, a capirlo un pochino di più, certi miei pensieri erano diventati più affini ai suoi, in effetti per la bella casa e la cucina grande ci sarà tempo e così mettere in moto la macchina del viaggio è stato più semplice.
A fine settembre siamo stati a Genova, al Salone Nautico, quest’anno andare in fiera aveva un senso, non passeggiavamo tra gli stand con i soliti occhi da sognatori, ma con lo sguardo attento di chi deve vestire la sua barca, di chi cerca l’offerta, la novità, la cosa giusta per attrezzare il suo sogno. Macinavamo metri e parole e il tempo passava, eravamo in ritardo per fare tutto quello che avevamo in mente per quella giornata, dovevamo liberare la tata a casa, così Ste mi dice: – Io prendo info per il boiler, tu vai allo stand del Il frangente prendi l’ultimo libro di Pestarini, se c’è Chicca, la moglie, chiedile se lo può firmare, ci terrei molto, poi torna qui-. Ecco da quello stand non mi sono più schiodata per l’ora successiva.
– Ciao, sei tu Chicca? – Si, piacere!- E poi non so come, non so perché le parole hanno iniziato a volare e i racconti a sovrapporsi; parlavamo di sogni, i miei, le avventure, le sue. Avevo davanti una donna da cui avrei solo potuto imparare, respirare ogni sua esperienza, rubare ogni sua emozione, una donna che ha limato le cime della montagna che vedevo davanti a me, questo sogno irraggiungibile lo ha trasformato in una possibile alternativa di vita. Per quello che ha fatto avrebbe potuto benissimo parlarmi dall’alto di un piedistallo, invece era lì naturale, semplice, immensa come il mare e travolgente come una raffica, un dettaglio la rendeva ancora più speciale, le infradito ai piedi. Il libro non c’era, era andato a ruba, lei si offre di spedirmi un copia che aveva a casa. Scambio di indirizzi e un -“magari ci vediamo a Fiumaretta tra un paio di settimane”-.
Il magari non è stato come quelli detti solitamente per circostanza quando incontri qualcuno. Lo scorso weekend ci siamo viste, vado a prenderla in stazione a Sarzana, la vedo salire dal sottopasso: abbigliamento comodo, chioma bionda danzante e passo svelto, quella camminata sicura e decisa che contraddistingue un vero viaggiatore. Noi porteremo Shibumi nello stesso cantiere dove loro hanno in vendita la loro vecchia barca, lei stava andando lì per incontrare possibili acquirenti, noi per prendere info in merito al rimessaggio.
Nel tragitto in macchina i bambini l’assillano di domande, dal classicone: hai mai visto le balene? Alla tragica domanda di Nina: – Avete mai fatto un 360°?. Chicca divertita e gentile teneva botta. Arrivati in cantiere lei sbriga un po’ di cose, noi pure e poi prima di congedarci succede una cosa straordinaria: ci ha aperto le porte della sua casa galleggiante!! Salire sul MAI STRACC è stato davvero emozionante, quella barca piccoletta ma potente ha solcato i mari di tutto il mondo e quando dico tutti, dico proprio tutti. Ha navigato per 300.000 miglia, no, non ho sbagliato con gli zeri proprio cosi trecentomila miglia per più di 20 anni. Alle pareti, le foto incorniciate di loro in Antartide, nel Pacifico, una vertebra di balena trovata su una spiaggia in Indonesia appesa in dinette, statue di divinità indigene; ovunque mi girassi mi immedesimavo nella situazione, nel paesaggio che avrei visto dall’oblò se fossi stata li con loro, poi ancora parole, consigli, curiosità, segreti…. Ad un certo punto mi sono detta – OK basta tediarla, andiamo!!!- la sua gentilezza era come la lista delle mie domande: infinita, ma il tempo, per farle tutte poco. Così ci salutiamo, lei con lo straccio in mano per pulire la barca, io con un sorriso stampato e lo sguardo da sognatrice in viso, come quello di Stefano di anni fa, identico. Finalmente io e lui avevamo iniziato a vedere con gli stessi occhi.
Da quell’ incontro qualcosa è successo, un interruttore è scattato.
Pensando al nostro di viaggio, adesso prendo in considerazione che forse non ci sarà un ritorno, forse la vita davvero può prendere una piega diversa, forse questo sogno non sarà solo una parentesi della nostra esistenza, forse la vita non è già scritta, forse ce la si può disegnare addosso, calendario dopo calendario.
Non è facile a parole descrivere certe sensazioni, ma credo che Chicca abbia spalancato in me una porta socchiusa da anni, da cui ha iniziato ad entrare una luce pazzesca, che ha illuminato quella parte di me che non vedeva oltre a quello spiraglio o che forse da sola non avevo il coraggio di aprire del tutto, non ero pronta. Affacciarsi da quella porta e iniziare a respirare la libertà, le opportunità, il cambiamento, insieme a Lui.
Adesso posso davvero capire Stefano, adesso finalmente capisco il suo fremere, la sua ansia contro il tempo che passa, quel desiderio di voltare pagina, di disegnare progetti, sogni, la voglia di andare, o semplicemente di vivere. Adesso si che lo posso prendere per mano e camminare accanto a lui, come due puntini visti da lontano. Adesso sono ancora più fiera di noi, senza timori, senza silenzi imbarazzanti. Sono orgogliosa di me che non metto mai le chiavi nelle serrature, che salgo su ogni treno che vedo passare, perché so che ogni volta mi farà vivere un’avventura pazzesca., Adesso sono ancora più fiduciosa dei nostri progetti e sempre più innamorata di lui.
Ma alla fine per essere arrivata a tanta consapevolezza devo solo ringraziare lui: il tempo.
A volte è stato proprio come un vero amico, che mi ha sostenuto, che ha rallentato per farmi indossare al meglio questa prospettiva di vita, che ha preso velocità quando era il momento di prendere coraggio e tuffarsi e che mi ha aspettato quando avevo paura. Forse alla fine come tutti i veri amici deve essere un po’ bastardo, perché ti mette davanti alla verità e la verità a volte fa male e quando lui passa non ci sono sconti per nessuno.