E’ da poco passata l’1 di notte, stavo già dormendo alla grande, Stefano con un gioco di cime e ancora cercava di diminuire quel rollio fastidioso che crea l’onda di notte, poi entra in cabina, mi passa una mano sul viso e mi dice: -Vieni fuori a vedere-
Siamo ormeggiati in rada, vicino all’imboccatura del porto delle Grazie di Roccella Ionica, il mare è nero, come il cielo tempestato di stelle, un angolino di luna arancione sta tramontando davanti alla nostra prua. Stefano mi indica un’imbarcazione forse una lancia o un gommone, forse la Guardia Costiera forse quella di Finanza, è troppo buio e nemmeno il binocolo aiuta a decifrare le scritte sullo scafo. Quello che è chiaro invece, è che sta trainando in porto una barca a vela, circa 15 mt di lunghezza, nuda di tela, qualcuno si muove a bordo, ma è tutto abbastanza confuso per capire. Con la mente torniamo indietro di qualche ora a quando eravamo seduti alla pizzeria del porto e lì vicino al nostro tavolo un tizio (presumibilmente uno che conta) fa riferimento ad una barca, a degli immigrati e alla loro sistemazione una volta a terra.
Credo che causa e gestione immigrazione sia terreno puramente politico, ma dietro ad un salvataggio in mare esiste solo un aspetto che è quello umano, quindi tralascio le parole del tizio.
Dietro a un salvataggio in mare esiste solo un aspetto: quello umano!
Torno lì, nel momento presente, in quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. Una barca a vela che potrebbe essere la nostra, lenta lenta viene trainata all’interno del porto sicuro più vicino al punto del loro ritrovamento. A bordo esseri umani. Sto un’ora sul ponte di Shibumi per capire cosa sta succedendo, un via vai di sirene illuminanano la banchina del porto, gli occhi mi si chiudono, mi addormento lì fuori, prima di fare chiarezza mi perdo in un sonno agitato, nervoso, irrequieto. Cerco di capire, ma c’è poco da capire, è tutto così palese, tutto così reale, tutto maledettamente vero. La mattina cerchiamo info in rete e veniamo a scoprire che si tratta di un’imbarcazione con a bordo 65 migranti quasi tutti pakistani tra cui donne e minori. Erano in viaggio da una settimana, partiti dalle coste turco-greche, sono stati intercettati da una vedetta della Guardia di finanza per poi essere accompagnati a terra. Questa è la legge del mare e il valore umano, la politica entra in gioco una volta a terra, ma questo è un altro discorso che trova pareri diversi in ognuno di noi e lì li lascio.
In mare tocchi con mano quello che comodamente dal tuo divano leggi o senti alla TV.
Quando apprendi le notizie dietro un monitor pensi che certe cose non ti riguardino, non ti senti toccato dal vivo, sei al sicuro tra le tue mura domestiche e quello che sta fuori prende una sfumatura diversa. Ma quando lo scenario che ti trovi di fronte non è più filtrato da uno schermo, la situazione cambia.
Ieri notte c’erano due categorie di bambini in mare, quelli con il pigiamino fresco, la pancia piena e le coccole della buona notte di mamma e papà che dormivano beati nelle loro cuccette e quelli che la cuccetta la dovevano condividere con altre 64 persone dove non c’erano né la coccola della buona notte e nemmeno una mamma e un papà.
C’erano bambini che vivono il mare per il piacere di un’avventura, ce ne erano altri obbligati ad affrontarla un’avventura, per vivere, per sopravvivere.
C’erano bambini che verranno tenuti lontani dalla loro scuola per regalargli un’esperienza che gli arricchirà la vita, ce ne sono altri che vengono tenuti lontani dalla scuola per salvargli la vita, perché le loro scuole sono bersagli per le bombe.
Nella notte c’erano bambini che sognano di spostarsi da uno stato all’altro per conoscere luoghi e culture diverse, ce ne erano altri che stanno attraversando paesi diversi perché sono stati strappati via della loro cultura.
C’erano bambini che hanno scelto la strada del mare per il viaggio della vita, altri bambini sono obbligati a prendere questa strada per non interrompere il viaggio della loro vita.
C’erano per mare bambini che vivono nella pace e nell’amore di una famiglia, ma c’erano bambini che la serenità non sanno cosa sia e forse una famiglia non ce l’hanno più.
C’erano per mare bambini che hanno di scelto di esse coraggiosi e altri che sono stati obbligati ad esserlo.
C’erano per mare bambini che su una barca troveranno una vita nuova, ce ne erano altri che grazie a una barca ci sperano in una vita nuova.
C’erano bambini che non hanno paura del buio del mare perché lo conoscono, lo abitano, ma c’erano bambini che invece avevano paura di caderci in quel buio, immenso e sconosciuto.
C’erano bambini che vivono nella serenità e nella libertà e ce ne erano altri a cui tutto questo è stato negato da subito, forse da sempre.
C’erano bambini che del loro domani hanno certezze, altri che vivranno nell’incognita ancora per molto, affidandosi ad un destino che fino a quel momento non è stato dei più generosi con loro.
Ci sono bambini vivono nel diritto della spensieratezza, ma a molti altri è stata portata via.
C’erano bambini l’altra notte in mare: bambini.
L’altro giorno a S.M. di Leuca abbiamo visto una barca a vela andata a scogli, pensavamo fosse causa d’ incuranza di uno skipper, invece era “atterrata” lì sopra agli scogli dopo una mareggiata il 22 dicembre, a bordo 33 migranti.
Scritta a due mani ,mamma Sara e Iago
Io che di mare non vivo e di mare non so, vedo in questo il valore prezioso del vs viaggio: nel guardare con occhi limpidi la grande e contraddittoria Bellezza di ciò che sta nella Natura che solcate e in quella degli Uomini che la abitano.
Nell’ insegnarlo ai vostri figli e nel regalare una finestra a noi.
Un abbraccio grande.